Il Tribunale di Catanzaro, Sezione specializzata in materia di imprese, con la sentenza n. 935 dell’8 giugno 2023 ha stabilito che la deliberazione dell'assemblea assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla poiché l’art. 2479-ter, comma 3, c.c., non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull'avvio del procedimento deliberativo. La vicenda La vicenda trae origine dall’impugnazione da parte di tre soci di una società a responsabilità limitata di tre delibere assunte dall’assemblea dei soci della società stessa che, secondo la tesi sostenuta da parte attrice, erano state adottate in assenza di formale convocazione degli attori che, pertanto, richiedevano che ne venisse accertata la nullità. A fondamento dell’impugnazione proposta, i soci attori allegavano di aver esercitato il proprio diritto di recesso “ad nutum” dalla società con preavviso di 180 giorni ai sensi dell’art. 2473, comma 2, c.c., in forza del quale “nel caso di società contratta a tempo indeterminato il diritto di recesso compete al socio in ogni momento e può essere esercitato con un preavviso di almeno centottanta giorni”. Tuttavia, secondo la prospettazione degli attori – benché gli stessi avessero comunicato la propria volontà di recedere con il preavviso stabilito dalla legge – avevano medio tempore il diritto di essere convocati a partecipare alle assemblee dei soci, in quanto per i successivi 180 giorni dall’inoltro della raccomandata con la quale si comunicava la volontà di recedere dalla società, gli stessi mantenevano la qualità di soci, con conseguente diritto di partecipazione e voto nelle assemblee. L’omessa convocazione dei soci comportava dunque la nullità, ex art. 2479-ter c.c., delle delibere assembleari assunte. Si costituiva in giudizio la società convenuta, la quale non contestava la validità e l’efficacia del recesso esercitato dai soci attori ma eccepiva il difetto di legittimazione ad impugnare tali delibere in quanto, dal momento in cui la società stessa aveva ricevuto la comunicazione di recesso, era mutata la posizione dei soci receduti, avendo perso la qualità di soci ed essendo divenuti meri titolari del diritto alla liquidazione delle quote per le quali avevano esercitato il recesso. La decisione Il Tribunale di Catanzaro, ritenendo parzialmente fondata la domanda proposta dagli attori, ha dichiarato nulle ex art. 2479-ter c.c. due delle tre delibere assembleari oggetto di impugnazione. Il Tribunale ha preliminarmente stabilito quale sia il momento in cui il recesso del socio da una società a responsabilità limitata debba considerarsi efficace, così da chiarire fin quando il socio mantenga il proprio status di socio e il consequenziale potere di esercitare i diritti sociali. Il Tribunale, aderendo alla giurisprudenza e dottrina dominante, ha ritenuto che il recesso, in applicazione dell'art. 1373 c.c., deve ritenersi valido ed efficace al momento della recezione, da parte della società, della relativa comunicazione, con la conseguente immediata perdita della qualità di socio e dunque anche della legittimazione all'esercizio dei diritti sociali. Invero, nel momento in cui la società ha ricevuto la dichiarazione di recesso del socio, muta la posizione del socio stesso, il quale diventa titolare del diritto potestativo alla liquidazione della propria partecipazione. Tali considerazioni, tuttavia, non possono trovare applicazione nel caso di specie, essendo stato esercitato dagli attori il cd. “recesso ad nutum”, previsto dal secondo comma dell’art. 2473 c.c.. Detta norma dispone che nell'ipotesi di società contratta a tempo indeterminato, competa a ciascun socio il diritto di recedere dalla società in ogni momento, concedendo un preavviso di almeno 180 giorni, con facoltà di prolungare fino ad un anno tale termine, se previsto dallo statuto. A differenza degli altri casi di recesso previsti dalla legge, in tale ipotesi non sussiste alcuna decisione rispetto alla quale il socio “reagisce” uscendo dalla società. Con il recesso ad nutum, piuttosto, il legislatore ha inteso concedere a ciascuno dei soci della società contratta a tempo indeterminato il diritto di sciogliersi unilateralmente da un rapporto sine die, in ossequio ai principi generali dell'ordinamento, che vede con sfavore vincoli contrattuali perpetui. In tal caso, dunque, gli effetti del recesso debbono necessariamente coincidere con la scadenza del termine del preavviso non potendosi applicare a tale fattispecie il diverso e condivisibile principio per il quale il recesso, in tutte le altre ipotesi, ha efficacia immediata con la sola dichiarazione inoltrata alla società con la quale il socio manifesta la propria volontà di recedere dalla società. Infatti, il termine di preavviso imposto dalla legge determina uno slittamento in avanti degli effetti del recesso, i quali non si produrranno fino allo spirare dello stesso, in guisa che la società abbia il tempo necessario per poter reperire le risorse utili a liquidare la quota del socio uscente. Pertanto, "in pendenza del termine di preavviso, non essendosi ancora prodotti gli effetti del recesso, il socio che ha manifestato la volontà di uscire dalla società non cessa di correre il rischio d'impresa dal momento in cui ha esercitato il diritto, ma partecipa pienamente alla vita sociale e a tutte le sue conseguenze fino al momento in cui la sua dichiarazione produce gli effetti desiderati, quindi dal momento della completa decorrenza del preavviso. Soltanto da tale momento e non dal momento della dichiarazione, cui fa riferimento l'articolo 2473, comma 4, del codice civile, prenderà avvio l'ulteriore termine di 180 giorni per dare piena esecuzione al rimborso delle partecipazioni. Tale soluzione interpretativa si impone in ragione delle conseguenze che discenderebbero dall'applicazione letterale della norma citata”. Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha dichiarato nulle le delibere assembleari assunte in pendenza del decorso del termine di 180 giorni in quanto, in tale arco di tempo, i soci conservavano i propri diritti amministrativi, compreso quello di partecipazione e voto nelle assemblee. Pertanto, essendo incontestato che non furono convocati, deve dichiararsi l'invalidità ex art. 2479-ter c.c. delle relative delibere poiché assunte in "assenza assoluta di informazione" degli odierni attori, con conseguente ordine di cancellazione dell'iscrizione delle delibere dichiarate nulle nel Registro Imprese. Tali considerazione, invece, non possono valere anche per l’ultima delle delibere impugnate, essendo stata adottata dopo il decorso del predetto termine di 180 giorni.