Validità delle delibere in cui il socio-amministratore di S.r.l. vota sul proprio compenso

19 Settembre 2024

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10889 del 23 aprile 2024, aderendo ad un precedente orientamento giurisprudenziale della stessa, ha stabilito che la delibera assembleare di S.r.l. determinativa del compenso dell’amministratore non può considerarsi invalida per il mero fatto che essa sia stata adottata con il voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in qualità di socio, se non risulta altresì pregiudicato l’interesse sociale. Ciò in quanto la mera circostanza che siffatta delibera consenta al socio-amministratore il conseguimento (anche) di un suo interesse non comporta, di per sé, un pregiudizio all’interesse sociale.

La vicenda trae origine dall’impugnazione della delibera assembleare di una società a responsabilità limitata con la quale il socio di minoranza della stessa richiedeva l’annullamento della delibera di determinazione dei compensi dei membri del consiglio di amministrazione, in quanto assunta in una situazione di conflitto di interessi ex art. 2479-ter c.c..

Ciò in quanto, secondo la tesi sostenuta da parte attrice, il socio di maggioranza Alfa s.n.c., con proprio voto determinante aveva dapprima rigettato la proposta del socio di minoranza di ridurre notevolmente il compenso degli amministratori nonostante la società avesse registrato perdite tali da ridurre il capitale sociale di oltre un terzo e, successivamente, perseguendo un interesse extra-sociale, aveva deliberato di assegnare un compenso sproporzionato agli amministratori della società, i quali erano, tra l’altro, soci illimitatamente responsabili della stessa Alfa s.n.c..

Sia in primo che in secondo grado veniva rigettata l’impugnazione della delibera ex art. 2479-ter in quanto, secondo i giudici di merito, il socio di maggioranza non aveva inteso perseguire un interesse extra-sociale e personale in contrasto con quello della società, non ravvisandosi tra l’altro alcuna sproporzione e irragionevolezza dei compensi riconosciuti agli amministratori stessi. Anzi, come precisato dal giudice di appello, l’impugnata delibera di approvazione del compenso degli amministratori in realtà prevedeva una riduzione del compenso degli stessi, proprio in ragione delle difficoltà economiche della società.

Avverso la sentenza di secondo grado il socio di minoranza proponeva ricorso per cassazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal socio di minoranza in quanto l’art. 2479-ter, secondo comma, c.c. prevede che sono invalide e, in quanto tali, possono essere impugnate, le delibere di una società a responsabilità limitata qualora siano assunte con la partecipazione determinante dei soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società e siano idonee a cagionare un danno alla stessa. La fattispecie, dunque, richiede l’accertamento dell’esistenza di una situazione di conflitto di interessi tra il socio e la società, la decisività del voto espresso e la potenziale dannosità della delibera per la società.

La situazione di conflitto di interessi tra socio e società presuppone che il primo si trovi nella condizione di essere portatore, con riferimento a una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse: da un lato il proprio interesse personale e dall’altro quello della società.

Questa duplicità di interessi dev’essere tale per cui il socio non possa realizzare l’uno se non sacrificando l’altro. Pertanto, la circostanza che una delibera consenta al socio il conseguimento (anche) di un suo personale interesse non comporta, di per sé, un pregiudizio all’interesse sociale. Dunque, la Suprema Corte, in conformità a quanto già stabilito dalla stessa con la sentenza n. 28748 del 3 dicembre 2008, ha precisato che la deliberazione determinativa del compenso dell’amministratore non può considerarsi invalida per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l’interesse sociale.

Pertanto, con riferimento al caso di specie, “la mera circostanza che il socio privato, per il tramite dell’amministratore della società, abbia votato la delibera avente a oggetto la determinazione del compenso dell’amministratore medesimo non è idonea a dare luogo a una situazione di conflitto di interesse, rilevante ai fini che qui interessano, non avendo la Corte territoriale accertato – né la parte ricorrente dedotto di aver allegato – la presenza di elementi significativi di una incompatibilità dell’interesse sociale con l’interesse individuale perseguito”.

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