La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2660 del 29 gennaio 2024, si è pronunciata sull’invalidità di una delibera assembleare di S.r.l. per abuso della maggioranza, ribadendo che una tale condotta “è causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la delibera non trovi alcuna giustificazione nell'interesse della società – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale – oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli”. La vicenda La vicenda trae origine dall’approvazione di una delibera assembleare di una S.r.l. con la quale, con il voto favorevole di due soci titolari rispettivamente del 34% e del 33% del capitale sociale della società, erano state eliminate le clausole di gradimento e di prelazione statutariamente previste in favore degli altri soci in caso di cessione di quote. A ciò aveva fatto seguito la cessione della quota di uno dei due soci in favore della moglie dell’altro. I soci di minoranza, che non avevano contribuito all’approvazione della delibera assembleare di modifica dello statuto, agivano in giudizio per richiedere al giudice di prime cure (i) l’accertamento del diritto di recesso dalla società, ovvero, in via subordinata (ii) l’accertamento dell’invalidità della delibera assembleare stessa. Il tribunale ordinario respingeva le domande degli attori, i quali impugnavano la sentenza dinnanzi alla Corte d’Appello di Firenze. A fronte della soccombenza anche dinnanzi alla Corte d’Appello di Firenze, i soci di minoranza proponevano ricorso per Cassazione, denunciando, inter alia, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2479 e 2479-ter c.c., nella parte in cui il giudice di secondo grado aveva escluso l’invalidità della delibera per abuso della maggioranza in quanto rispondente all’interesse della società, senza considerare la riferibilità della stessa ad una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza in pregiudizio dei diritti di partecipazione e patrimoniali dei soci di minoranza. La decisione Pronunciandosi sul motivo in esame, la Suprema Corte ha ribadito che l’abuso della maggioranza costituisce causa di annullamento delle delibere assembleari, (i) sia quando la delibera non trovi giustificazione nell’interesse della società, (ii) sia nel caso in cui la stessa rappresenti il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza, diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e patrimoniali spettanti ai soci di minoranza, richiamando altresì la precedente ordinanza n. 27387/2005 sul medesimo tema. La Cassazione ha inoltre chiarito che la seconda ipotesi ricorre qualora il voto determinante del socio di maggioranza sia stato espresso con lo scopo di ledere gli interessi degli altri soci, oppure risulti in concreto preordinato ad avvantaggiare ingiustificatamente i soci di maggioranza in danno di quelli di minoranza, in violazione del principio generale di buona fede nell’esecuzione del contratto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Firenze, aveva verificato unicamente la delibera come rispondente all’interesse della società, avuto riguardo in particolare alla circostanza che con essa era stato possibile l’uscita dalla compagine sociale del socio venditore e porre fine a una situazione di disarmonie interne e di stallo. La stessa, tuttavia, aveva omesso di verificare se la delibera fosse stata approvata con il preciso scopo di pregiudicare gli interessi dei soci di minoranza ricorrenti. Pertanto, la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.