Con la sentenza n. 22375 del 25 luglio 2023, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta in tema di validità ed efficacia delle c.d. “clausole antistallo” contenute in un patto parasociale, precisando inoltre l’inapplicabilità alle stesse del principio di equa valorizzazione della partecipazione. L’istituto Le clausole antistallo mirano a superare situazioni di stallo decisionale (cd. “deadlock”) che rischiano di compromettere l’attività economica dell’impresa, potendo causare anche la liquidazione della società per impossibilità di raggiungimento del proprio scopo, ai sensi dell’art. 2484 c.c.. Si pensi, inter alia, ai casi di stallo decisionale causati dalla ripartizione del capitale sociale fra due soci in misura paritaria o da accordi di joint venture paritarie. Tali clausole - di origine anglosassone - sono entrate nella prassi degli affari internazionali, per poi essere successivamente assorbite anche dall’ordinamento italiano sottoforma di clausole negoziali atipiche. La clausola antistallo più diffusa e maggiormente oggetto di attenzione dottrinale è la c.d. “russian roulette clause”. La clausola di russian roulette prevede che, al verificarsi di una situazione di deadlock non altrimenti risolvibile, venga attribuita la facoltà a uno o a entrambi i soci sottoscrittori del patto parasociale di rivolgere all’altro socio un’offerta di acquisto della rispettiva partecipazione, contenente il prezzo che si è disposti a pagare per l’acquisto della stessa. Il socio destinatario dell’offerta può alternativamente (a) accettare l’offerta e cedere la propria partecipazione al prezzo indicato dalla controparte o (b) “ribaltare” l’iniziativa, presentando a propria volta un’offerta d’acquisto al “socio offerente”, al medesimo prezzo che quest’ultimo aveva offerto. In tal caso, il “socio offerente” che riceve la controfferta, sarà obbligato a cedere la propria partecipazione. La giurisprudenza di merito e gli ordini professionali notarili - unanimi nel riconoscere la legittimità di tale clausola all’interno dei patti parasociali e/o dello statuto - sono stati a lungo divisi circa l’applicabilità o meno del principio di “equa valorizzazione” della partecipazione alla clausola di russian roulette statutaria. Si segnala la massima 181 del Consiglio Notarile di Milano che, pronunciandosi sul tema, ha precisato che «la legittimità della clausola statutaria - pur non richiedendo necessariamente l'espresso richiamo del criterio legale di determinazione del valore delle partecipazioni stabilito per il caso di recesso, ai sensi dell'art. 2437-ter, comma2, c.c. o dell'art. 2473, comma 3, c.c. - è da intendersi subordinata, al pari di quanto già affermato nella massima 88 per il caso delle clausole di drag along, alla sua compatibilità con il principio di equa valorizzazione della partecipazione obbligatoriamente dismessa». In senso contrario, e in aperto contrasto con il Consiglio Notarile di Milano, si è pronunciata la Corte d’Appello di Roma, Sez. Spec. in materia di imprese, con sentenza del 3 febbraio 2020 ha ritenuto invece che «non esiste un principio di equa valorizzazione della partecipazione applicabile all'ipotesi di russian roulette, sicchè, ai fini della dimostrazione dell'esercizio abusivo della clausola, (…) il socio abusato avrà l'onere di dimostrare che l'acquisto è avvenuto a prezzo manifestamente iniquo». La decisione La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, in conformità con quanto già sostenuto dalla giurisprudenza di merito e dalla dottrina, ha confermato la validità delle clausole antistallo inserite all’interno dei patti parasociali, precisando che il principio di equa valorizzazione della partecipazione - previsto in caso di recesso del socio - non deve necessariamente trovare applicazione nell’ambito di una pattuizione parasociale. Ciò in quanto, una previsione di patto parasociale non presenta lo stesso grado di vincolatività di una clausola statutaria nei confronti dei soci; “inoltre, nella russian roulette clause non si è in presenza di una situazione di soggezione pura all’altrui diritto potestativo - che configuri quell’effetto espropriativo del valore differenziale a base dell’applicazione del principio in discussione - bensì di una facoltà di scelta da parte del soggetto oblato, la quale è incompatibile con tale effetto”.