Il Tribunale di Napoli, sez. spec. in materia di imprese con la sentenza n. 7508 del 27 luglio 2022 ha stabilito che l’annullabilità è il regime di invalidità delle delibere assembleari avente portata generale, mentre la nullità ha portata solo residuale. L’inesistenza, invece, può essere dichiarata solo ove non sussista alcuna componente idonea a ricondurre la fattispecie concreta alla categoria della delibera assembleare, derivando da ciò importanti conseguenze con riguardo ai termini decadenziali. La vicenda La vicenda trae origine dall’impugnazione della delibera assembleare di approvazione del bilancio di una società a responsabilità limitata da parte di un socio detentore del 49% del capitale sociale della stessa. Parte attrice sosteneva l’inesistenza della deliberazione in quanto riteneva falso il verbale dell’assemblea, atteso che in esso vi era riportato che l’assemblea dei soci si era tenuta in forma totalitaria, sebbene il socio in questione non vi avesse partecipato. A ciò si opponeva la società convenuta sostenendo, in primis, che i quorum costitutivi e deliberativi fossero stati raggiunti nonostante l’assenza della parte attrice. In secundis, essendo stato approvato medio tempore il bilancio dell’esercizio successivo a quello oggetto di impugnazione, la delibera in questione non avrebbe più potuto essere stata impugnata ex art. 2434-bis c.c. La decisione Nel dichiarare la domanda inammissibile, il Tribunale ha proceduto a una disamina degli istituti dell’annullamento, della nullità e dell’inesistenza delle delibere assembleari. L’annullabilità e la nullità delle delibere assembleari – al contrario di quanto avviene nella disciplina dei contratti in generale – hanno, rispettivamente, carattere generale e carattere residuale. Esse sono sottoposte a termini decadenziali diversi, in ragione della diversa ratio che le contraddistingue. In particolare, l’annullabilità è il regime di portata generale che sussiste quando la delibera è contraria alla legge o all’atto costitutivo. Essa è posta a tutela degli interessi dei singoli soci pregiudicati dalla delibera ed è volta quindi a “garantire stabilità e certezza all’attività sociale”. Interesse, quest’ultimo, riconducibile alla società ed ai terzi. La nullità è invece il regime di invalidità residuale che sussiste laddove la delibera abbia violato norme specificatamente poste a presidio di interessi generali. In ultimo, l’inesistenza rappresenta un vizio il cui accertamento deve essere limitato a fattispecie che si discostano dal modello legale in maniera così marcata “da non permetterne la riconduzione alla categoria stessa di deliberazione assembleare”. Non possono dunque considerarsi inesistenti le delibere provenienti dall’organo competente e che presentino anche uno solo degli elementi essenziali, dovendo le stesse essere ricondotte, in tal caso, alla categoria delle delibere assembleari, eventualmente nulle o annullabili. Alla luce di ciò, nel caso di specie, la partecipazione all’assemblea anche di un solo socio esclude l’inesistenza della delibera. Parte attrice avrebbe dunque dovuto impugnare la delibera chiedendone la nullità o l’annullabilità, per il cui accertamento sono previsti termini decadenziali ben precisi che non sono invece previsti per l’inesistenza. Ad ogni modo, quand’anche la domanda di parte attrice avesse avuto ad oggetto l’annullamento o la nullità della delibera, la domanda non sarebbe stata accoglibile in quanto – ai sensi dell’art. 2434 bis c.c. – “le azioni previste dagli articoli 2377 e 2379 non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo”.