Panoramica Si individuano principalmente due orientamenti giurisprudenziali riguardanti l’identificazione dei rimedi azionabili da parte del cessionario di partecipazioni societarie in presenza di vizi relativi alle caratteristiche e ai beni ricompresi nel patrimonio sociale della società le cui partecipazioni sono oggetto di compravendita. La tesi che qualifica le partecipazioni societarie come beni di secondo grado Un primo orientamento, minoritario ma recentemente riproposto dalla Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza del 12 settembre 2019 n. 22790, afferma che le partecipazioni societarie sono “beni di secondo grado (…) non del tutto distinti e separati da quelli compresi nel patrimonio sociale”, pertanto i “beni compresi nel patrimonio della società non possono essere considerati del tutto estranei all’oggetto del contratto di cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali”; “conseguentemente la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto, […] incidendo sul valore delle azioni o delle quote, può integrare la mancanza delle qualità essenziali della cosa, che rende ammissibile la risoluzione del contratto ex art. 1497 ovvero, qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente […] l’esperimento di una ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453”. La tesi incentrata sull’oggetto immediato e l’oggetto mediato del contratto di compravendita di partecipazioni societarie Un secondo orientamento, maggioritario, valorizza la differenza tra oggetto immediato e oggetto mediato del contratto: il contratto di compravendita di partecipazioni societarie avrebbe “quale oggetto immediato la partecipazione e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta” (sent. Cass. Civ. del 19 luglio 2007 n. 163031 a sua volta citata nella sent. Cass. Civ. del 13 marzo 2019 n. 7183). La clausola con la quale il venditore si impegna a tenere indenne il compratore dalle sopravvenienze passive nel patrimonio della società ha ad oggetto una prestazione accessoria (sent. Cass. Civ. del 24 luglio 2014 n. 16963) e, in quanto non attinente all’oggetto immediato del negozio, costituisce un patto autonomo di garanzia, al quale non è applicabile la disciplina per vizi della cosa venduta e/o mancanza di qualità (sent. Cass. Civ. del 13 marzo 2019 n. 7183). Tali rimedi potranno essere esperiti solo con riferimento ai diritti e agli obblighi attinenti alla partecipazione societaria (sent. Cass. Civ. del 19 luglio 2007, n. 163031). Questa tesi è rafforzata, inoltre, da esigenze di carattere commerciale sottese al contratto di compravendita di partecipazioni: i sopracitati rimedi civilistici, qualora esperiti con successo, comporterebbero la caducazione ex tunc dell’efficacia del contratto di compravendita, causando un effetto generalmente contrario alla finalità di trasferimento perseguita dai contraenti, preferendo questi ottenere unicamente un ristoro economico del danno subito dalla violazione delle dichiarazioni prestate in merito alla consistenza della società compravenduta.