Nullità della clausola penale "irrisoria" per violazione dell'art. 1229 c.c.

16 Dicembre 2022

Con la sentenza n. 18549 del 30 giugno 2021, la Corte di Cassazione ha statuito che la previsione di una clausola penale non può mai costituire strumento per eludere la responsabilità del debitore e, pertanto, qualora l’importo stabilito dalla clausola penale abbia carattere irrisorio, la stessa deve ritenersi nulla, in violazione della norma imperativa di cui all’art. 1229 c.c.

La vicenda

La vicenda trae origine dalla pronuncia della Corte di Appello di Lecce che ha ritenuto “apprezzabile” l’importo previsto dalla clausola penale oggetto del contendere (nel caso di specie,  pari ad un terzo del corrispettivo per l’esecuzione delle opere previste nel contratto), non ritenendo tale clausola mezzo idoneo ad aggirare il divieto di limitazione di responsabilità ai sensi dell’art. 1229 c.c.
Parte attrice ha proposto ricorso per cassazione sostenendo la nullità della clausola penale, in quanto il corrispettivo “irrisorio” previsto per l’ipotesi di inadempimento si traduce in una limitazione della responsabilità per dolo o colpa grave.

La decisione
La Corte di Cassazione ha ribadito il principio già espresso in precedenza dalla Corte stessa[1], secondo cui la irrisorietà del risarcimento del danno pattuito preventivamente sotto forma di clausola penale viene a costituire elemento sintomatico dell’aggiramento del divieto di limitazione di responsabilità stabilito dall’art. 1229 c.c.
Tuttavia, nel caso di specie, la Suprema Corte non ha ritenuto fondato il motivo del ricorso, non reputando “irrisorio” l’importo previsto dalla clausola penale.
La sentenza in esame presenta un elemento di novità rispetto al precedente orientamento relativamente al momento di valutazione della irrisorietà della clausola.
Infatti, secondo il precedente orientamento, l’irrisorietà della clausola doveva essere valutata in base ad un confronto tra l’importo previsto dalla clausola e il danno in concreto subito dal creditore.
Con la pronuncia in esame, invece, la Suprema Corte afferma che “al fine di accertare se una penale, pattuita per l’ipotesi di inadempimento o ritardo della controparte, abbia consistenza irrisoria, tanto da risolversi, in concreto, nella esclusione o limitazione della responsabilità per i danni da inadempimento, e nella conseguente violazione del divieto posto dall’art. 1229 c.c., l’intento elusivo non può essere desunto dal raffronto tra la misura della penale e la entità del danno poi, in concreto, verificatosi, ma si deve ricostruire la volontà dei contraenti con riguardo al suo momento genetico, avendo riguardo alla misura della penale e l’entità presumibile dell’eventuale, futuro danno da risarcire, ricostruibile secondo una prognosi ex post”.
Pertanto, alla luce dei principi appena enunciati, il giudice di legittimità ha confermato la decisione della corte di secondo grado, ritenendo che l’importo dedotto nella clausola è da considerarsi “apprezzabile” secondo una valutazione ex post e, pertanto, non può essere ritenuto assimilabile ad una clausola di esonero della responsabilità, ai sensi dell’art. 1229 c.c..


[1] Cass. Civile, 12 luglio 2018, n. 18338.

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